NBA, Charles Barkley: il Sir emblema dei coast-to-coast - Footballnews24.it

2022-08-27 02:27:31 By : Ms. Joan Zhou

Charles Barkley è uno di quei giocatori che ha segnato gli anni Ottanta e Novanta, con le sue giocate cariche di agonismo e tecnica in grado di colmare un fisico non propriamente da cestista NBA. Soprannominato Sir Charles, è stato l’emblema del coast-to-coast e rimane ancora oggi uno dei pochi giocatori in grado di vincere il premio di MVP della regular season senza aver mai vinto l’anello NBA. Come molti grandi della storia, anche Barkley ha vissuto una carriera ricca di soddisfazioni personali e cocenti delusioni a livello di club, che gli sono valse l’etichetta di “eterno perdente”; pur non soffrendo di queste critiche e facendo in modo che questa nomea non ne influenzasse le prestazioni.

Charles Barkley nasce nel 1963 a Leeds, una città segregata dell’Alabama, e fin da subito si comprende che ha qualcosa di diverso: è il primo bambino nero nato in un ospedale bianco, oltre che uno dei primi studenti neri a studiare in una scuola elementare integrata. Un’infanzia difficile, con la nonna che lo accompagnava a scuola tenendo una pistola nella borsa e la madre che lavorava come domestica per diverse famiglie bianche. Il vero problema, per Charles Barkely, non è vivere in una realtà ancora viziata dalla segregazione, ma piuttosto l’altezza.

Un difetto fisico che nel suo sport preferito, il basket, ne limita fortemente la possibilità di farsi notare al college nonostante abbia un talento fuori dal comune sul parquet. L’impegno non manca e grazie al suo entusiasmo e alla sua interminabile energia riesce a conquistare un posto come centro nel roster titolare, prima di imporsi come ala grande. Le aspettative sul futuro di Barkley nella pallacanestro non sono alte: nonostante abbia talento e visione di gioco, la maggior parte degli addetti ai lavori è convinta che sia solo un giocatore con una notevole abilità nel catturare rimbalzi. Eppure, nel 1984 Barkley riceve il premio di “Giocatore dell’anno” e lascia il college ad un anno dal termine per rendersi eleggibile al Draft dello stesso anno venendo selezionato dai Philadelphia 76ers con la quinta scelta. Alla sua prima stagione in NBA si trova a condividere lo spogliatoio con giocatori del calibro di Julius Erving, Moses Malone e Maurice Cheeks, autori dell’anello dei Sixers nel 1983.

Fin da subito lo staff si accorge di quali sono i veri punti di forza di Charles Barkley: l’incredibile capacità di salto e la notevole forza che ne fanno uno dei migliori rimbalzisti della Lega. Un ruolo fondamentale lo gioca Moses Malone, che permette a Barkley sia di affinare le sue doti tecniche che soprattutto di mantenere sotto controllo il peso, il tallone d’Achille che lo tormenterà per tutta la carriera. Barkley conclude la prima stagione in NBA con 14 punti di media e una fama che cresce sempre di più riuscendo a trascinare, con il suo dinamismo, i Sixers ogni anno ai playoff. Tuttavia, in otto stagioni con la maglia di Philadelphia, Barkley riesce a raggiungere le finali di Eastern Conference solo nel suo anno da rookie. La serie però se l’aggiudicano i Boston Celtics per 4-1.

Nell’estate del 1992 Barkley passa ai Phoenix Suns dopo aver conquistato l’oro olimpico a Barcellona al fianco di Michael Jordan nel celebre Dream Team. Sir Charles, come verrà soprannominato nel tempo, è subito protagonista in Arizona e durante la regular season trascina i Suns fino a registrare il miglior record della Lega. Inoltre, Barkley conclude la stagione con una media di 25 punti a partita e grazie anche ad alcune prestazioni scintillanti riesce a conquistare il premio di MVP, lasciando a bocca asciutta niente meno che Michael Jordan.

Anche ai playoff Barkley è il protagonista di una splendida cavalcata dei Suns: al primo turno 3-2 ai Los Angeles Lakers, al secondo 4-2 con i San Antonio Spurs; in finale di Western conference, le prime dal 1976, i Suns superano 4-3 i Seattle Supersonics con una pregevole prestazione di Barkley in gara-7. Sulla strada per il primo anello nella storia dei Phoenix Suns, e di Barkley, ci sono però i Chicago Bulls di Michael Jordan, desideroso di vendetta dopo lo scippo del premio di MVP, che s’impongono per 4-2. Sarà la prima e unica volta che Charles Barkley riuscirà a raggiungere le NBA Finals, giocate al massimo delle proprie opportunità cestistiche e all’apice della propria carriera.

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La stagione successiva è ancora Barkley a mettersi sulle spalle la squadra: volto e anima dei Phoenix Suns che arrivano ai playoff come testa di serie numero 3. Dopo aver superato con un netto 3-0 i Golden State Warriors, tuttavia, i Suns devono arrendersi agli Houston Rockets al termine di una serie che si conclude solo a gara-7. I Rockets riusciranno poi a vincere l’anello al termine della stagione 1993-1994 e a bissare il titolo in quella successiva dopo che ancora una volta hanno avuto la meglio sui Suns in gara-7 sempre nelle semifinali di Conference. Comincia così la stagione 1995-1996 con Barkley ormai trentaduenne e incapace di trascinare ancora una volta i Phoenix Suns: il record nella regular season è di 41-41 e non vale l’accesso ai playoff. Alle delusioni in NBA, però, seguono grandi soddisfazioni personali dato che alle Olimpiadi di Atlanta 1996 gli USA riescono a vincere nuovamente l’oro olimpico e Barkley si ritaglia un ruolo da assoluto protagonista confermandosi per la seconda edizione il miglior marcatore e il miglior rimbalzista della squadra.

In realtà, a condizionare l’ultima stagione di Barkley ai Suns ci sono stati diversi problemi fisici, in particolare alla schiena. E proprio i frequenti infortuni, uniti alle pessime prestazioni della squadra, spingono il talento dell’Alabama a lanciare un ultimatum ai Phoenix Suns alla fine della stagione: o mi cedete a una contender o mi ritiro. Per fortuna dei Suns, Barkley gode ormai dello status di superstar, seppur mitigato dalla nomea di “eterno perdente” che lo perseguita come un’ombra, e riescono a scambiarlo in cambio di quattro giocatori agli Houston Rockets. I texani, acerrimi rivali proprio dei Suns nel 1994 e nel 1995, dopo l’eliminazione subita nel 1996 con i Seattle Supersonics vogliono provare a regalarsi un’ultima occasione di vincere l’anello affiancando Charles Barkley alla coppia di superstar composta da Hakeem Olajuwon e Clyde Drexler.

Barkley gioca alla grande, tanto da meritare la convocazione all’All-Star Game per la nona volta in carriera. Houston conclude la regular season al terzo posto a dimostrazione di come l’affiatamento di Barkley con il centro Olajuwon e il fenomenale Drexler è subito dei migliori. I risultati lo confermano anche ai playoff con gli Houston Rockets che superano nell’ordine i Minnesota Timberwolves e i Seattle Supersonics, vendicando l’eliminazione della stagione precedente in una decisiva gara-7. L’entusiasmo è alle stelle.

Tuttavia i Rockets non hanno fatto i conti con gli Utah Jazz di Karl Malone e John Stockton, che hanno la meglio vincendo la serie 4-2 e accedendo così alle NBA Finals per sfidare i Chicago Bulls. Sarà l’unico acuto per Barkley nell’esperienza ai Rockets. Difatti la stagione successiva saranno ancora i Jazz a interrompere il percorso playoff degli Houston Rockets, ma questa volta al primo turno e con i texani che avevano concluso la regular season all’ottavo posto. Questa e la successiva stagione sono colme di delusioni e infortuni per Barkley, che vive una parabola discendente culminante con l’infortunio che segnerà la conclusione della sua carriera.

Per uno strano scherzo del destino, in occasione di una partita del dicembre 1999 contro i Philadelphia 76ers, la franchigia con cui Barkley ha debuttato in NBA, Sir Charles s’infortuna gravemente al tendine del quadricipite. L’esito degli esami è devastante: secondo i medici il giocatore non sarebbe mai più in grado di giocare. In realtà, Barkley avrà l’occasione di tornare a calcare il parquet per un’ultima volta il 19 aprile 2000 contro i Vancouver Grizzlies (oggi Memphis Grizzlies). Barkley riesce nella soddisfazione personale di segnare davanti ai suoi tifosi, prima di annunciare il suo ritiro al termine dell’incontro. Barkley è stato una delle ali grandi più intriganti della storia della NBA, tanto da essere inserito nel 1997 tra i 50 giocatori più forti di tutti i tempi. Nel 2006 è stato anche introdotto nella Basketball Hall of Fame, riconoscendo nel suo stile di gioco aggressivo e diretto il suo tratto più caratteristico insieme al coast-to-coast con cui ha fatto le fortune dei Phoenix Suns negli anni d’oro della franchigia.

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