Incidente stradale: quanto contano le testimonianze?

2022-08-27 02:28:03 By : Mr. Andy Yang

Cosa succede se le dichiarazioni testimoniali sono in conflitto fra loro o con i verbali delle forze dell’ordine intervenute sul luogo del sinistro.

Quando si verifica un incidente stradale di una certa gravità, con morti e feriti, la ricostruzione della dinamica diventa determinante per l’attribuzione delle responsabilità del sinistro, e quindi ai fini del risarcimento dei danni alle vittime, oltre che per stabilire l’esito dell’eventuale processo penale instaurato per omicidio stradale o per lesioni personali colpose. Anche quando vi sono solo danni ai veicoli coinvolti, ma di notevole consistenza – e dunque la spesa da affrontare per le riparazioni è ingente – diventa importante stabilire di chi è la colpa, in tutto o in parte, altrimenti il risarcimento viene decurtato, o negato del tutto.

Così gli interessati vanno alla ricerca delle fonti di prova in proprio favore, che con le moderne tecnologie possono essere molteplici: telecamere di videosorveglianza presenti in zona, dashcam o scatole nere montate sui veicoli, rapporti delle forze di polizia intervenute sul luogo del sinistro, verbali di contravvenzione elevati ai conducenti, perizie cinematiche per ricostruire movimenti, manovre, velocità e punti d’urto, perizie medico-legali per stabilire la compatibilità delle lesioni accertate con la dinamica riferita. E se i risultati non sono dirimenti, anche un solo testimone può fare la differenza ed avere un valore decisivo. Perciò, di fronte alla molteplicità dei potenziali mezzi di prova, che talvolta non hanno una perfetta efficacia dimostrativa, bisogna chiedersi: in un incidente stradale, quanto contano le testimonianze? Vediamo.

In parecchi casi, l’occhio umano di chi ha assistito alla scena ed è in grado di descrivere l’accaduto è insostituibile, e non può essere surrogato da telecamere, magari lontane o avvolte nella nebbia, o da ricostruzioni fatte a posteriori e talvolta sulla base di misurazioni imprecise ed elementi labili: i veicoli possono essere stati spostati subito dopo lo scontro, un conducente può avere avuto un malore, i rilievi della polizia o dei vigili possono essere imprecisi, la scatola nera può essere stata manipolata in fase di trasferimento dei dati, uno strumento elettronico poteva essere malfunzionante, i periti possono sollevare dei dubbi ed esprimere perplessità, e così via.

In questo complesso quadro, il valore ricostruttivo della testimonianza – che ovviamente deve essere raccolta nelle forme previste dal Codice di rito – può essere determinante per capire cosa è realmente accaduto; tutto questo a condizione che i testimoni siano attendibili e forniscano una rappresentazione veritiera e fedele dei fatti che hanno visto e dei fenomeni che hanno percepito. Questa valutazione di attendibilità del testimone e di credibilità dei fatti riferiti compete sempre al giudice, che assume la testimonianza nel contraddittorio tra le parti processuali coinvolte, in modo che dalle rispettive domande possano emergere le eventuali discrepanze, incongruenze e contraddizioni tali da mettere in dubbio la veridicità del racconto del testimone.

Le cose si complicano quando la descrizione fatta da un testimone è in contrasto con il resoconto fornito da altri testimoni, o addirittura confligge con le risultanze attestate dalle forze dell’ordine intervenute: mentre nel primo caso è il giudice a decidere a chi prestare maggior fede, e dunque quale, tra le diverse o opposte versioni, scegliere come base per la ricostruzione del sinistro accaduto, nel secondo caso la valutazione è predeterminata dalla legge [1] con valore di prova legale. Infatti gli agenti hanno la qualifica di pubblici ufficiali (prima ancora di quella di organi di polizia giudiziaria per l’accertamento di reati e di polizia amministrativa per la contestazione delle violazioni alle norme di circolazione stradale): perciò, quanto attestano essere avvenuto in loro presenza non può essere messo in dubbio. Come si dice tecnicamente, su questi aspetti il contenuto del verbale ha «fede privilegiata» e non può essere smentito, tranne che intraprendendo lo speciale – e difficile – procedimento di “querela di falso“, che raramente porta a risultati utili.

In queste situazioni, dunque, il verbale redatto dagli agenti prevale quasi sempre ed inevitabilmente, sulla deposizione testimoniale difforme dal resoconto fornito nell’atto pubblico, ma questo criterio vale solo per quanto i pubblici ufficiali attestano aver riscontrato direttamente, come fatti obiettivi, e non per le loro personali valutazioni. Ad esempio, in mancanza di un apparecchio elettronico di misurazione della velocità, la stima fatta dagli agenti sulla velocità tenuta da un’auto o da una moto negli istanti precedenti al sinistro può essere contraddetta da un testimone secondo il quale il veicolo procedeva a velocità più moderata; viceversa, uno sbandamento o un improvviso cambio di direzione di marcia che ha comportato la fuoriuscita di strada del mezzo, se è stato constatato direttamente dai poliziotti o dai carabinieri, non può essere messa in dubbio da una testimonianza che lo nega.

Nei sinistri stradali più gravi e che richiedono l’intervento immediato delle forze dell’ordine sul posto, è prassi assumere direttamente le testimonianze raccolte dalle persone presenti e che sono in grado di riferire sull’accaduto. In questi casi, i testimoni vengono sentiti «a sommarie informazioni», in qualità di “persone informate sui fatti“, secondo le regole del Codice di procedura penale [2], e l’atto potrà essere utilizzato nel processo penale previa conferma dibattimentale delle dichiarazioni rese, o con il consenso del difensore dell’imputato alla loro acquisizione. Quanto dichiarato nell’immediatezza ha un forte valore probatorio: se il testimone, in seguito, muterà versione, dovrà spiegare il perché, e in ogni caso le sue precedenti dichiarazioni gli potranno essere contestate; quindi, la genuinità della sua testimonianza verrà inevitabilmente compromessa.

Invece, quando la testimonianza viene raccolta in un momento successivo, al di fuori di un processo penale e soltanto a fini di prova per il risarcimento dei danni arrecati a persone o cose, si seguono le diverse regole previste dal Codice di procedura civile. La testimonianza viene assunta, di regola, in udienza istruttoria davanti al giudice civile competente (come il giudice di pace per i sinistri di valore non superiore a 50mila euro) o, in taluni casi, dagli avvocati delle parti, anche in forma di deposizione scritta e fuori udienza, utilizzando gli appositi moduli e rispondendo ai quesiti predisposti dalle parti processuali [3].

Per scongiurare i fenomeni dei falsi incidenti e degli altrettanto falsi testimoni che li narrano, la legge [4] dal 2017 impone l’obbligo di indicare, per gli incidenti stradali con danni alle sole cose (quindi senza feriti), entro 60 giorni dalla denuncia di sinistro, o dalla data dell’apposito invito formulato dall’assicurazione, i nominativi dei testimoni presenti sul luogo, a pena di decadenza dalla facoltà di avvalersi delle loro dichiarazioni nel giudizio civile instaurato per il risarcimento dei danni, salvo che la parte provi che l’indicazione tempestiva del testimone sia stata impossibile.

Un altro limite è rappresentato dal numero di testimonianze che ciascuna persona può rendere: al massimo tre nell’arco di un quinquennio, altrimenti il suo nominativo viene segnalato dal giudice civile alla procura della Repubblica, che valuterà se siano ravvisabili gli estremi del delitto di falsa testimonianza [5]. I nominativi dei testimoni ripetuti sono facilmente evincibili mediante la consultazione della banca dati informatizzata dell’Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private, che raccoglie i dati di tutti i sinistri stradali denunciati, compresi quelli per i quali è stato compilato il modulo Cai (Constatazione amichevole di incidente) che, infatti, contiene un apposito riquadro destinato all’indicazione degli eventuali testimoni presenti.

Una recente ed interessante ordinanza della Corte di Cassazione [6] ha applicato i principi che abbiamo descritto per decidere una vicenda di incidente stradale in cui il conducente di una moto, che procedeva a velocità eccessiva, non aveva dato la dovuta precedenza e si era scontrato con un’autovettura in pieno centro abitato; perciò, gli era stata attribuita la piena ed esclusiva responsabilità del sinistro. Numerosi testimoni avevano assistito alla scena e le loro dichiarazioni erano state raccolte sul posto dai Carabinieri subito intervenuti, ma il centauro aveva tentato di confutarle e smentirle, in particolare sotto il profilo dell’eccesso di velocità rilevato dai testimoni e per il quale era stato anche contravvenzionato. La Suprema Corte, invece, ha attribuito piena fede alla ricostruzione dell’accaduto fornita dai testimoni, che era stata riportata e recepita nei verbali redatti dai pubblici ufficiali.

Inutile il tentativo dell’uomo di opporsi alla ricostruzione della dinamica così accertata, chiedendo l’espletamento di una Ctu (consulenza tecnica d’ufficio): i giudici di piazza Cavour hanno respinto l’istanza rilevando che «deve ritenersi in tema di sinistri stradali che il rapporto di polizia faccia piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un’attendibilità intrinseca che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria», che l’interessato non è stato in grado di fornire.

[3] Art. 257 bis Cod. proc. civ.

[4] Art. 135, co. 3 bis, D.Lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private), introdotto. dalla L. n. 124/2017.

[5] Art. 135, co. 3 quater, D.Lgs. n. 209/2005, intr. dalla L. n. 124/2017.

Email (obbligatoria se vuoi ricevere le notifiche)

 Notificami quando viene aggiunto un nuovo commento

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

Segui il nostro direttore su Youtube

Oppure iscriviti alla nostra newsletter per rimanere sempre aggiornato.

"La Legge per Tutti" è una testata giornalistica fondata dall'avv. Angelo Greco e iscritta presso il Tribunale di Cosenza, N.G.R 243/2016 - N.R. Stampa 1/2016. | © Riproduzione riservata | La Legge per Tutti Srl - Sede Legale Via F. de Francesco, 1 - 87100 COSENZA | CF/P.IVA 03285950782 | Numero Rea CS-224487 | Capitale Sociale € 70.000 i.v. | Codice Univoco: M5UXCR1 | IBAN: IT20N0706280880000000138231 - Swift ICRAITRRTI0