Energia, a Brescia l’industria verso i primi segnali di recessione- Corriere.it

2022-08-08 07:47:40 By : Ms. Ning Yang

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Il professor Achille Fornasini dell’UniBs: «Rivedere il Pnrr e avvicinare le filiere. Prezzi incontrollabili, cambiare il modello produttivo»

Non c’è limite alla complessità . È ciò che probabilmente sta pensando in queste settimane il mondo industriale, alle prese con un’inedita - e per certi aspetti ingiustificata - impennata dei costi dell’energia e delle materie prime. Un’impennata che, non solo rischia di azzerare i margini pur in presenza di una robusta domanda, ma potrebbe cambiare alle radici le regole del gioco. Prima il Covid, poi la guerra: viviamo in un contesto volatile, incerto, ambiguo e, appunto, complesso .

Ne è convinto il professor Achille Fornasini, docente di Analisi tecnica dei mercati finanziari alla Statale di Brescia, intervenuto ieri in Confindustria Brescia al periodico appuntamento con Scenari & Tendenze , secondo cui subito dopo la fine della guerra in Ucraina «le imprese dovranno ripensare il proprio modello di sviluppo». Insomma, riassumendo la questione in un titolo, sembrerebbe proprio che il tempo della globalizzazione sia finito : «Per vent’anni la Germania è stata al centro di un sistema che si sosteneva su accordi energetici stabili ed estremamente convenienti, il che permetteva poi al comparto manifatturiero di arrivare sui mercati con offerte commerciali concorrenziali e remunerative. Un sistema di cui ha beneficiato anche l’industria bresciana , data la forte interconnessione con le catene del valore tedesche. Ecco, quest’epoca è finita».

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Difficile, anzi, complesso prevedere cosa accadrà poi. «L’economia è sempre più condizionata dalla politica — ha aggiunto Andrea Beretta Zanoni, ordinario di Economia aziendale nell’università di Verona —. La sensazione è che la guerra in Ucraina sia l’inizio di una fase di disordine da cui se ne uscirà solamente ricostruendo un nuovo ordine con logiche e strumenti diversi». Per adesso, e al netto delle popolazioni colpite direttamente dal conflitto, chi più di tutti sta pagando il prezzo di questo cambiamento è il consumatore europeo: «Il superciclo delle materie prime preme sui tassi di inflazione — ha proseguito Beretta Zanoni — mentre Bce e Fed si incamminano verso la fine del programma di acquisti di debito pubblico e conseguentemente aprono a una politica più restrittiva dal punto di vista monetario. Il sottoprodotto, purtroppo, sarà la stagflazione, anche se qualcuno comincia a intravedere segnali addirittura recessivi ».

L’industria chiede quindi alla politica di intervenire. Tuttavia la variabile di cui avremmo più bisogno è proprio quella che ci manca: il tempo. Ancora Fornasini: «Per quanto riguarda l’energia, la crisi ucraina non sta facendo altro che accelerare un percorso di trasformazione che era in qualche modo già segnato ». Un percorso che infatti prevedeva un graduale allontanamento dagli idrocarburi e che contemplava il gas quale «risorsa transitoria» verso l’autoproduzione da fonti rinnovabili a impatto zero. «Anche la svolta tecnologica del nucleare di nuova generazione — ha aggiunto il docente — è troppo di là dal venire per essere considerata un alternativa». Nel frattempo conviene allora a cittadini e imprese metter mano al portafoglio. L’ufficio studi di Confindustria Brescia guidato da Davide Fedreghini ha calcolato che , sic rebus stantibus , la bolletta elettrica delle aziende quest’anno crescerà del 335% rispetto al 2019 (da 447 milioni a 2,1 miliardi) e quella del gas addirittura del 584% (954 milioni contro i 139 di due anni fa). «Per le famiglie lavoratrici — ha avvertito Fedreghini — c’è dunque il rischio di rimanere schiacciati in una morsa: da un lato cade il potere d’acquisto a causa della messa in Cig da parte delle aziende che non possono proseguire la produzione a questi costi, dall’altro si alzano le spese energetiche quotidiane».

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Come se ne esce? «Reindirizzando i fondi del Pnrr da un lato e valorizzando dall’altro le nostre risorse » dice Fornasini. Non l’autarchia, certo, ma il cosiddetto near shoring . Il gas padano, iter più semplici e immediati per autorizzare nuovi impianti eolici e fotovoltaici, l’idrogeno e le tecnologie di cattura e sequestro del carbonio. Un tema, quello dell’avvicinamento delle filiere strategiche ai propri mercati di riferimento, che però interessa anche l’altro lato della crisi, quello cioè che riguarda le materie prime, minerali in testa . Se infatti l’energia è vittima di una speculazione che nulla ha a che fare con lo shortage di forniture, diametralmente opposto è il discorso che tocca acciaio, alluminio, zinco, stagno e nickel. Tutte materie il cui prezzo , dopo aver inaugurato nel secondo semestre del 2021 un ciclo rialzista, da gennaio a oggi è letteralmente schizzato verso l’alto : la ghisa in pani +73,4% , il preridotto +60%, le lamiere da treno +96%, i coils +48 , le lamiere nere +46, quelle zincate +36, il rottame importato +46,2, il tondo da cemento armato +46%, i laminati mercantili +40, il litio +82,5% . Il cambio di modello industriale dovrà passare allora dal tentativo di accorciare le filiere, rendendole più indipendenti dagli scossoni geopolitici. Sfida comp lessa, come il tempo in cui ci è capitato di vivere.

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