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2022-09-24 03:57:11 By : Ms. Nicole Zhang

Dopo sei mesi di continui rincari molte aziende di costruzioni non sono più in grado di sopportare i costi crescenti e rischiano di lavorare in perdita. Spesso si tratta di opere contrattualizzate anni fa con i prezzi dei materiali ben al di sotto di quelli attuali. L'Ance chiede al governo un intervento per attenuare le ricadute sul settore di questa fase emergenziale

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Come in un domino, l’effetto dei generalizzati rincari delle materie prime si abbatte da un settore all’altro. L’ultimo di tanti allarmi arriva dal mondo dell’edilizia con l’Ance (associazione dei costruttori edili) che manda il suo sos al governo. “Dopo sei mesi di continui e fortissimi rincari il settore è allo stremo”, spiega a ilFattoquotidiano.it il presidente Gabriele Buia. “Si tratta di aumenti di costi che vanno ben al di là del rischio di impresa e ad essere a rischio è tutta la filiera, se non si interviene i cantieri inizieranno a chiudere”. Il problema, spiega il presidente dei costruttori, non è solo quello dei prezzi. Per alcuni materiali iniziano ad esserci difficoltà di reperimento. “I tempi di consegna delle forniture sono tutti saltati” e questo aggiunge per i costruttori anche il rischio di penali nei tempi di realizzazione delle opere. L’Ance evidenzia tra gli altri il rincaro del 150% per l’acciaio tondo per cemento armato; del 129% per il polietilene o del 30% per il rame.

Il fenomeno non è solo italiano ma globale. L’indice dei prezzi delle materie prime elaborato da Bloomberg è tornato su valori che non si vedevano dal 2015 e, soprattutto, lo ha fatto molto rapidamente. Un anno fa languiva intorno ai 65 punti, oggi sfiora quota 95, un incremento di quasi il 50%. A spingere i prezzi è la ripresa dell’economia globale e la necessità di ricostituire scorte a cui si era attinto nei mesi dei lockdown più duri. I mesi di chiusura hanno suggerito alle aziende di non “tirare” troppo sul sistema del “just in time”, zero scorte e forniture che arrivano esattamente nel momento un cui servono. Qualcosa in magazzino meglio tenerlo. La Cina è tornata ad essere quella specie di idrovora che risucchia tutto. Inoltre i cospicui investimenti in energie rinnovabili inducono a fare incetta di tutti i materiali che hanno a che fare con impianti fotovoltaici, batterie elettriche etc. Infine vista la tendenza dei prezzi la speculazione ha iniziato a soffiare sul fuoco. Ci sono i forti rincari di rame (il metallo più strettamente collegato all’andamento dell’economia cinese) e dell’acciaio, ma anche del palladio (+41% in un anno) o dell’argento (+63%). E ancora, i prezzi del legno sono quadruplicati in un anno. Il petrolio costa il doppio di un anno fa e i rincari del greggio. I prezzi del petrolio trascinano con se verso l’alto anche quelli di gas, plastica, isolanti o il bitume, il cui prezzo è salito del 16% negli ultimi mesi. Il caro greggio spinge anche i costi dei “sostituti” con cui si produce biocombustibile e quindi mais (+107%) o canna da zucchero (+47%).

“Oggi le imprese lavorano sottocosto ed è quindi necessario adottare misure eccezionali, concrete e immediate – simili a quelle adottate nel 2008 dall’allora ministro delle Infrastrutture Altiero Matteoli – che possano evitare il blocco di centinaia di cantieri sia pubblici che privati mettendo a rischio anche le opere del Recovery Plan e gli interventi del Superbonus 110%”, spiega l’Ance. In particolare il riferimento è a un meccanismo per cui in caso di rincari dei costi dei materiali superiori all’8% il committente compensa il costruttore. Se invece accade il contrario e i prezzi scendono di oltre l’8% è il costruttore che ribassa il costo. Gabriele Buia si dice deluso per la mancanza di un provvedimento di questo genere nel decreto sostegni bis. “E’ da tempo che segnaliamo l’emergenza al governo e in particolare l’abbiamo fatto nell’ultimo mese mentre i prezzi salivano di un altro 15%. Mi auguro che il governo intervenga il prima possibile, con il prossimo decreto. Le imprese iniziano a chiudere, non c’è più tempo”

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