Ricky Tognazzi e le auto di Ugo Tognazzi. L'intervista

2022-09-10 03:24:32 By : Ms. YAYA BABY

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Ugo Tognazzi con Pat O'Hara e il figlio Ricky nel 1967

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Abbiamo incontrato Ricky Tognazzi al Saturnia Film Festival che ha dedicato un omaggio al padre, in occasione del centenario della nascita. Con l’attore e regista abbiamo parlato delle auto tanto amate da quel mattatore di Ugo. 

Che rapporto aveva suo padre coi motori? 

"Papà aveva una sorta di fissazione con la modernità e comunque con le cose sorprendenti, era un anticonformista di natura anche nel suo essere consumista. Insomma era uno che, con l’accortezza tipica di quella generazione del dopoguerra, non buttava via i soldi, ma gli piacevano gli oggetti belli e le macchine belle".

"Aveva una Jaguar Type E cabrio nera, forse una delle poche che circolavano nell'Italia degli Anni 60. Era una macchina pazzesca, bellissima. Ricordo che mi sedevo dietro, in cima, dove potevo salutare: ero molto orgoglioso. Forse perché ero bambino, ma mi sembrava che quel muso non finisse mai. Credo sia stata la macchina più bella che abbia mai avuto Ugo". 

E poi che cosa ricorda? 

"Sempre a metà degli Anni 60 mio padre andò negli Stati Uniti a girare il film Una moglie americana e tornò con tantissimi gadget stranissimi: dalla pistola per sparare le monetine al casello autostradale a una macchina che faceva il ghiaccio, a una Buick. Anche quella era lunghissima. I fari si aprivano tipo griglia e si inceppavano regolarmente. Ugo era costretto ad andare da meccanici che non conoscevano affatto quell’auto. Ci ha messo un anno per cambiare la targa". 

 Si divertiva sempre con auto di questo tipo? 

"Ha sempre avuto macchine bizzarre, penso che sia stato l'unico ad avere una Matra Simca Bagheera. Era veramente assurda, credo che ne abbiano vendute due o tre in Italia e una era di papà. Era una macchina sportiva di “plastica” o forse in fibra di vetro con tre posti davanti scomodissimi, soprattutto per chi stava seduto al centro. Dopo la Simca Ugo prese la Rancho, una brutta copia della Range Rover". 

Sbaglio o ha ereditato da lui un Maggiolino?

"Sì, era molto bella, è una delle poche macchine cinematografiche, non sono tante e una è proprio il Maggiolino della Volkswagen. Un giorno ho fatto sega a scuola e sono andato a sbattere. Sono tornato a casa senza auto e papà mi chiese dove fosse: “No, niente l'ho lasciata da un amico”, gli risposi. In realtà il Maggiolino stava dal carrozziere. L'ho fatta aggiustare coi miei risparmi per non raccontargli la verità". 

E il Maggiolino è stata l’unica auto che ha ereditato? 

"No, ho avuto anche un’auto che usava sul set, era una Mini Innocenti. Ricordo che per ragioni cinematografiche il carrozziere aveva creato un tettuccio apribile: ogni volta che pioveva erano secchiate d'acqua". 

Ricky, ricorda un viaggio con suo padre, magari in Jaguar?

"Anche se ero piccolo ho dei bellissimi ricordi sulla Jaguar. Quella macchina esprimeva un'epoca e un senso di libertà. L’associo all'estate a Torvaianica, al Villaggio Tognazzi (sulla costa laziale a sud di Roma, ndr), alle corse, si fa per dire, sulla litoranea che va da Ostia a Torvaianica. Molti dei viaggi, brevi, erano tra Roma e quel luogo. Ugo non parlava molto in auto, non era un chiacchierone come quando stava in salotto o davanti ai fornelli, alla guida era concentrato: quel tragitto per lui era un momento per pensare e arrivare preparato a meta". 

Utilizza ancora il suo Maggiolino?

Magari avessi ancora il Maggiolino di papà, non ce l'ho più purtroppo. Di Maggiolini ne ho avuti diversi, almeno tre o quattro tra gli Anni 70 e 80: un paio neri cabrio e uno rosso senza tetto apribile. Ogni volta che ne vedo uno per strada penso a quell’auto con nostalgia, a quel rumore inconfondibile. Il fatto che si accendesse sempre era diventato un marchio di fabbrica: la Volkswagen non ti lasciava mai a piedi".

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